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DOM RUINART ROSÉ 1996, L’ ELEGANZA DEL GUSTO RUINART

Ruinart è sinonimo di garanzia, esclusività e qualità parlando di bollicine.

É appunto la maison più antica fondata in Champagne. 

Nasce il 1 settembre del 1729 ad opera di Nicolas Ruinart, nipote di Dom Thierry Ruinart, monaco benedettino visionario che nel 1690 viene a conoscenza di un nuovo vino, non ancora chiamato Champagne, molto in voga nella vita mondana parigina. Sarà appunto lo zio, al quale verrà intitolata la Cuvée de Prestige della maison, ad aprire a Nicolas la strada giusta da percorrere per produrre il suo vino

Il 1768 è una data da ricordare per l’ azienda. Ruinart acquista les “Crayères”, antichissime cave di gesso risalenti all’ epoca romana, convertite in cantine sotterranee, atte alla lenta conservazione degli champagne Ruinart, utilizzate ancora tutt’oggi.

Le “Crayères” sono patrimonio storico dell’ UNESCO dal 2015.

La famiglia Ruinart diventa nobile nel 1817 continuando a mantenere costanza nel livello qualitativo dei suoi vini.

Nel 1963 la maison viene acquistata da Moët & Chandon, che si occuperà da lì in poi della parte commerciale, senza però interferire sulle scelte della gestione interna.

Dal 2012 è la filiale italiana di Moët-Hennessy che distribuisce i prodotti Ruinart in esclusiva in Italia, come in quasi in tutto il resto del mondo.

La maison elabora champagne eleganti, freschi e con una struttura molto raffinata, incentrando sullo Chardonnay la sua produzione, vitigno a bacca bianca presente in prevalenza anche nella Cuvée de Prestige rosata.

Parliamo di Dom Ruinart Rosè, prima annata prodotta nel 1959 per il bianco e 1966 per il rosè, selezione delle migliori uve provenienti da Grand Cru.

L’ 80% è composto appunto da Chardonnay, provenienti dalla Côte des Blancs e dalla Montaigne de Reims, in particolare da:

  • Avize (Côte des Blancs)
  • Cramant (Côte des Blancs)
  • Le Mesnil-sur-Oger (Côte des Blancs)
  • Sillery (Montaigne de Reims)
  • Puisieulx (Montaigne de Reims)

Il restante 20% è composto da Pinot Nero vinificato in rosso, proveniente dai Grand Cru della Montaigne de Reims di:

  • Verzenay
  • Sillery

La vendemmia viene svolta manualmente, per poi svolgere la fermentazione delle uve in tini di acciaio inox a temperatura controllata. Segue la fermentazione malolattica.

Il dosage per l’ annata 1996 si attesta attorno ai 5 g/l.

Annata la 1996 da considerarsi tra le migliori di sempre (per molti la migliore di sempre) insieme alla 1988 e la 2008, che ha dato vini con un perfetto equilibrio tra maturità del frutto e acidità.

Annata nella quale la vite è stata messa a dura prova. Dopo un inverno freddissimo (minime di -15°C), la primavera è iniziata con l’ assenza di precipitazioni, ritardando di molto il germogliamento. Ha seguito un periodo di freddo, con delle gelate nel mese di maggio e di nuovo un’ inizio di estate calda e asciutta. L’ equilibrio si è ristabilito ad agosto, con qualche pioggia e temperature ottimali. La vendemmia è iniziata a metà di settembre in condizioni soleggiate e ventilate.

Un grandissimo champagne che si traduce in un vino rosa salmone, con riflessi oro-rosa di una grande brillantezza.

Un naso di grande finezza, con sensazioni che richiamano la pesca bianca e agrumi maturi, ma non ancora in sovramaturazione. Emergono le tipiche note gessose della Champagne e di fiori secchi. Evoluzioni che rimandano allo iodio e ad accenni di tostatura.

Il sorso è una delle massime espressioni di eleganza. Cremoso e snello, acidità perfettamente integrata, invitante e rinfrescante. 

Struttura delicata, grande sapidità che contribuisce ad una lunga persistenza che richiama il frutto.

Note ossidative minimamente percettibile e per nulla sgraziate, vanno a completare.

Uno champagne di grande stoffa in perfetto stile Ruinart.

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  • Categoria Bollicine Champagne 

ARMAND ROUSSEAU, IL CARATTERE DI GEVREY-CHAMBERTIN 2015

Parlando di Borgogna, Armand Rousseau è uno dei produttori più noti ed identitari.

Nel 1900, a Gevrey-Chambertin, Armand Rousseau eredita le vigne di famiglia e decide di iniziare a vendere le uve.

Acquisisce ulteriori appezzamenti nel 1909, in seguito al suo matrimonio, aumentando in questa maniera i ricavi, che gli permetteranno di costruire la cantina.

Inizia a commerciare i vini con la sua etichetta e negli anni successivi acquista appezzamenti nei più prestigiosi Grand Cru di Grevrey-Chambertin, come Charmes-Chambertin, Clos de la Roche e il famoso Chambertin.

Ad Armand succede nel 1954 il figlio Charles, a nome del quale il padre acquistò il celebre Clos Saint Jacques.

A lui si deve la crescita commerciale del Domaine, sopratutto negli Stati Uniti, in Inghilterra e nel resto dell’ Europa, grazie alla conoscenza fluente di inglese e tedesco.

É nel 1982 quando Eric, terza generazione della famiglia, fa il suo ingresso in azienda, orientando verso una viticoltura biologica e favorendo tecniche produttive che evitano ogni impiego di diserbi e sostanze chimiche. Mantiene tuttavia fede alla vinificazione tradizionale borgognona, avendo come obiettivo quello di enfatizzare il concetto di terroir.

Oggi Eric e sua figlia Cyrille, quarta generazione subentrata nel 2014 in seguito ad esperienze fatte in Oregon, in Australia e in Nuova Zelanda, gestiscono insieme l’ azienda, portando avanti la tradizione del Domaine.

La qualità è sempre stata più importante rispetto alla quantità (confermato dalle 65000 bottiglie annue prodotte circa), ed è per questo che oggi i vini di Armand Rousseau sono tra i più blasonati a livello mondiale.

Qualità che è una garanzia in questo vino, Gevrey-Chambertin 2015.

Parliamo chiaramente di Pinot nero, proveniente da vigne anziane di 45 anni con una densità per ettaro di 11000 piante, che producono grappoli molto concentrati, ma anche molto limitati.

I vini che compongono questo Gevrey Village provengono da 8 parcelle differenti.

Il Domaine addirittura declassa tutti gli anni le uve provenienti dai Premier Cru di:

  • Perrières
  • Les Etournelles
  • Les Craipillots

La vinificazione è effettuata in assenza dei raspi, in contenitori in acciaio inox a temperatura controllata, per una durata di 18/20 giorni, a seconda dell’ annata.

Terminata la fermentazione alcolica, i vini vengono assemblati e travasati per gravità nelle pièce, le tradizionali botti in legno da 228l utilizzate in Borgogna, dove la fermentazione malolattica avviene naturalmente.

Segue un periodo di affinamento in botte e uno in bottiglia prima della messa in commercio.

La 2015 è stata un’ annata dal clima caldo, soleggiato, “gourmand” e di conseguenza dalle basse rese, che hanno consentito un’ampia maturazione, acini concentrati, anticipandone la raccolta.

Un millesimo che ha dato dei Pinot Nero strutturati, di grande classe ed equilibrio, che si prospettano ad un grande potenziale di affinamento in bottiglia, per raggiungere la loro massima espressione negli anni.

Annata appunto calda, che lasciava preannunciare un vino più preponderante in termini di corpo e densità del vino, soprattutto parlando di Gevrey. Troviamo invece un vino di grande equilibrio, finezza ed eleganza, tutti elementi che contraddistinguono i grandi vini. 

Come appunto diceva il grande Henri Jayer, un grande vino lo è oggi e lo sarà ancora di più domani, questo a voler dire che un vino deve essere gradevole in qualsiasi momento che si decida di berlo, senza dover per forza attendere diversi anni perché trovi un equilibrio accettabile. É scontato che bisogna tener conto dello stato evolutivo del vino e che la bottiglia debba essere conservata in condizioni idonee.

Esaminando lo Gevrey-Chambertin 2015 si presenta in una veste rubino scarica, di grande vivacità, con un riflesso che accenna timidamente al granato.

Mettendo il naso nel bicchiere troviamo tutta la personalità della Borgogna, piccoli frutti rossi e arancia rossa sono d’ impatto. Senza troppo scavare a fondo, emergono sensazioni di cuoio, rabarbaro, liquirizia e china. Sullo sfondo il legno è presente, ma neanche per sbaglio invasivo,  andando a legare tutte le sfaccettature olfattive. Naso di media intesità, sincero, netto e di grande complessità.

In bocca il vino è elegante, essenziale, equilibrato. L’ alcol e le sensazioni di morbidezza sono mediamente percepite, contrapposte perfettamente da tannini maturi e setosi e da un’ acidità rinfrescante ed invitante.

Il sorso è di notevole qualità, per niente aggressivo, con un finale di bocca lungo e che richiama gli aromi olfattivi fruttati-speziati.

Il bicchiere vuoto non mente mai, lasciando presagire a grandi evoluzioni col passare del tempo.

Un privilegio poter degustare vini di questo calibro, unico ed irripetibile.

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  • Categoria Vini Rossi Francia

LA PIEDIGROTTA NOMINATA KRUG AMBASSADE:LA PRIMA PIZZERIA AL MONDO A FREGIARSI DI QUESTO TITOLO!

La Piedigrotta entra come Ambassade nel mondo Krug, la Maison di Champagne numero uno al mondo.

Per Piedigrotta un traguardo eccezionale, il coronamento di anni di ricerca, studio e approfondimento tra il mondo del food tradizionale, come quello della pizza, e il beverage più raffinato ed esclusivo come quello dello Champagne.

Dietro ogni preziosa goccia Krug si nasconde un sogno lungimirante. Il sogno di un uomo, Joseph Krug, che, prima di tutti gli altri, aveva capito che lo Champagne è sinonimo di piacere. Questa convinzione, maturata 170 anni fa, portò Joseph Krug a sfidare le convenzioni per trasformare la sua visione in realtà. Dar vita all’espressione più generosa dello Champagne di anno in anno, senza temere i capricci del tempo.

L’audacia dei suoi esperimenti fu ampiamente premiata: nacque così uno Champagne diverso da tutti gli altri. E diverso anche da tutti gli altri Champagne prodotti fino ad allora dalla stessa Maison. Fin dal 1843 la Maison Krug vive secondo la stessa intramontabile filosofia: creare soltanto Cuvée de Prestige.

Con Krug ognuno scopre qual è il segreto che manda in visibilio anche i critici più esigenti. Assapora l’espressione più pura della natura. L’essenza di vigneti unici, sublimata e levigata dall’eccellenza artigianale. Champagne eguali per qualità eppure unici nella loro eccezionalità.

Krug: uno Champagne che si reinventa di continuo. La Pizza: un cibo popolare che non finisce di stupire. Un incontro poetico, inaspettato e sorprendente.

Quando l’unica regola è essere imprevedibili, poetici e originali, ci si trova davanti a un oceano di possibilità. La Pizza di Piedigrotta è sempre uguale a sé stessa ma anche sempre profondamente nuova e insieme a Krug l’inaspettato diventa indimenticabile.

Antonello Cioffi, Owner & Chef La Piedigrotta Varese, è una persona dai molteplici interessi e dalle sicure competenze, ma piacevolmente e pacatamente inquieto, sempre alla ricerca di un altrove dove traghettare le sue performance culinarie. Conoscendo la pizza tradizionale in tutte le sue declinazioni, può permettersi di essere visionario e di far viaggiare chi ne abbia voglia verso un mondo dove la pizza resta l’anima pur vestendosi di nuove fogge in ricette che non temono di confrontarsi con quelle della ristorazione di qualità. La connessione con la Maison Krug sta nella coerenza di valori condivisi: mandare in visibilio anche i critici più esigenti, innovare la tradizione, non tradire mai l’eccellenza della qualità.

Quella che segue è l’intervista che Antonello Cioffi ha rilasciato alla stampa a seguito della nomina del locale a Krug Ambassade.

1. Antonello, come descriveresti la tua filosofia culinaria?

Sono un pizzaiolo compulsivo, appassionato di quello che reputo il più semplice e fantasioso cibo plebeo del mondo: la pizza. La mia compulsione sta nel fatto che non riesco a fermarmi nell’elaborarla, smontarla, rimontarla, innovarla, trasformarla, cambiarle vestito e creare ricette inaspettate. Cosa che ho fatto in tutti questi anni, peraltro sempre partendo da un rigoroso rispetto della tradizione napoletana. Ecco come sono nate le mie pizze scomposte, ecco come ho aggiunto la tridimensionalità ad un piatto tradizionalmente a due dimensioni, una base di pasta con sopra una farcitura di ingredienti.

2. Qual è la tua ossessione culinaria?

E’ collegata alla mia compulsione: sono ossessionato dal pomodoro e dalla mozzarella, gli ingredienti base della più classica delle pizze, la Margherita. Il mio motto è: “Fare superbene le cose semplici è superdifficile“. Provate a fare bene una “semplice” pizza Margherita. In fondo si tratta solo di un bel disco, caldo, fragrante e profumato, cosparso di un po’ di pomodoro, qualche pezzetto di mozzarella, un filo d’olio e foglie di basilico.

Raggiungere l’eccellenza con ingredienti così basici è frutto di una selezione attenta e paziente, una preparazione precisa e meticolosa, una cura amorevole e costante. Insomma è il risultato di una vera e propria passione. E fra passione ed ossessione il passo è breve!

3. Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Tutto mi ispira. Il mondo della pizza per me è una lente attraverso la quale vedo e giudico la realtà e mi muovo di conseguenza. Perché non c’è nulla che non possa essere ricondotto a diventare una pizza o, viceversa non c’è nessuna pizza che non possa trasformarsi in un altro piatto. In tante mie elaborazioni “l’apparenza inganna”: quello che il piatto pare essere non corrisponde alla realtà che conosciamo ma ne è una rivisitazione, una rielaborazione divertente oltre che gustosa (mi auguro!). Ho ripreso e reinterpretato in chiave “pizzeria” i primi piatti della cucina tradizionale italiana, quelli noti in tutto il mondo, come le Lasagne, le Tagliatelle, ma anche Penne, Paccheri, Gnocchi, Ravioli e Pizzoccheri. Pardon, Pizzaccheri, nel mio caso. Ma ho trasformato in pizza anche i Sushi, gli Hamburger o gli Hot dog con patatine. Senza dimenticare le mie incursioni nel mondo della pasticceria e dei dolci, dalla colazione al dessert, campo di inesauribile ispirazione.

4. Il tuo ultimo pasto da sogno?

Un pasto da sogno che ho fatto io o che ho realizzato per altri? Preferisco parlare del secondo! In realtà è un “pasto da sogno” che ho realizzato di recente. Il mio “Uovo Apparente”, cioè una di pizza con mozzarella, pomodoro condensato e scaglie di tartufo, abbinato in modo audace ad un Krug Rosé, sempre pronto a sorprendere per la sua estrema delicatezza esaltata dalla complessità di una bollicina fine ed elegante.

5. Antonello, qual è la tua più grande stravaganza nella vita?

Sono una persona semplice che ama le cose genuine della vita, la mai famiglia, mia moglie Daniela i miei figli Davide e Miriam, il mio lavoro. La vera stravaganza, se così si può dire, è abbinare il buon cibo ad una buona bottiglia ad una buona musica. In questo forse sono trasgressivo: non temo di accostare la semplice e popolare pizza (anche se realizzata in preparazioni molto particolari come le mie) con la signorile nobiltà degli Champagne della Maison Krug. Quanto alla musica, sono così appassionato che sono diventato addirittura “produttore”, facendo realizzare da eccellenti musicisti che conosco 3 compilation che rappresentano la colonna sonora del mio locale, cioè l’abbinamento musicale più adatto alla degustazione miei piatti. Perché la cucina oggi deve essere sempre di più un’esperienza multisensoriale: palato, olfatto, vista, udito e tatto, tutto è coinvolto per raggiungere una vera estasi gourmet.

6. Infine, il tuo primo sorso di Krug?

Molti anni fa, ed è stato un “coup de foudre”, con una coppa di Vintage ’96.

Ma non ditelo a mia moglie Daniela, che è gelosissima, anche perché divide con me la gestione della Piedigrotta!